Santo Natale 2025, Veglia e Messa del Giorno
Chiesa Cattedrale, 24/25 Dicembre 2025

Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice
S. Leone Magno, nel noto Discorso sul Natale che si legge nella Veglia di Natale, scrive: «Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio – per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità» (Discorso 1, 1-3).
E Papa Leone XIV, il 22 dicembre scorso, parlando alla Curia, così si esprimeva: «Il Natale ci ricorda che Gesù è venuto a rivelarci il vero volto di Dio come Padre, perché potessimo diventare tutti suoi figli e quindi fratelli e sorelle tra di noi. L’amore del Padre, che Gesù incarna e manifesta nei suoi gesti di liberazione e nella sua predicazione, ci rende capaci, nello Spirito Santo, di essere segno di una nuova umanità, non più fondata sulla logica dell’egoismo e dell’individualismo, ma sull’amore vicendevole e sulla solidarietà reciproca» (Leone XIV, 22 dicembre 2025).
Il Natale di Gesù – fratelli e sorelle carissimi, amiche e amici tutti – è l’innamoramento di Dio per noi: «Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà» (Sal 97,3). È Dio che si mette per primo sulle nostre strade alla nostra ricerca. Dio che parla «a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola» (Eb 1,2-3).
Noi siamo qui riuniti in questa chiesa Cattedrale per “ri-conoscere” e accogliere questo immenso amore di Dio per noi, il suo amore «grazioso» e salvatore, per noi sue creature e per l’intero creato. Per dire grazie a Dio per il suo amore e per ogni atto d’amore che il suo Figlio fattosi carne ha suscitato in noi e attraverso di noi in risposta al suo amore. In lui riconosciamo piedi, mani, bocca di Dio mossi da un cuore umano. «Dio stesso, per primo, si è messo in cammino verso di noi e, nel Cristo, ci è venuto a cercare. La missione ha inizio nel cuore della Santissima Trinità. […] Il primo grande “esodo”, dunque, è quello di Dio, che esce da sé stesso per venirci incontro. Il mistero del Natale ci annuncia proprio questo: la missione del Figlio consiste nella sua venuta nel mondo (cfr S. Agostino, La Trinità, IV, 20.28)» (Leone XIV, 22 dicembre 2025).
Davvero questo giorno segna la scoperta di Dio-Amore (cfr 1Gv 4,8), di Dio compassionevole e misericordioso, di Dio che nella sua Parola fatassi carne, nel suo Figlio divenuto uno di noi, vuole vivere in comunione con noi e partecipare della nostra gioia nell’averlo con noi, per averlo veduto con i nostri occhi, contemplato, toccato: «ossia il Verbo della vita» (1Gv 1,1).
«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia (χάριτος) e di verità» (Gv 1,14). La Parola eterna creatrice, la Vita traboccante di vita, la Luce «vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9) e disperde le tenebre della morte, la Verità che svela la menzogna devastatrice del peccato, la falsità e la volgarità della violenza fratricida di ogni conflitto e di ogni guerra, della mano di Caino che continua ad alzarsi contro il fratello Abele (cfr Gn 4,8). Il Bambino nato dalla Vergine Madre nel precario rifugio di Betlemme con il nome di Emmanuele, “Dio-con-noi”, è l’«epifania di Dio nella carne», che fa «docile il cuore» e infonde «in mente la Grazia» (Responsorio alla Prima Lettura della Veglia). Il «Dio-con-noi». Dio per noi. L’Essere che esiste solo “per altri”. Mai contro altri. Povero, piccolo, fragile, umile, disarmato, servitore. Spoglio della sua onnipotenza, della sua gloria, del suo dominio, del suo splendore, della sua ricchezza. Colui che viene con la forza e il potere di un bambino, di un “cucciolo d’uomo”: «Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine» (Is 9,5-6). «Di qui sgorga un messaggio di speranza in questo mondo che rischia di non sperare più; un fascio di luce in questo mondo che sembra sprofondare nelle tenebre; un elemento di novità in una società che talora ci appare decrepita. Un bambino che nasce è un destino nuovo che si apre, una speranza che si ridesta» (Mons. M. Magrassi).
«È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone» (Tt 2,11-14).
Carissime, Carissimi, guardiamo a questo popolo dei poveri in spirito e «zelante nelle opere buone». «Col Natale – affermava il Card. C. M. Martini – prende avvio il cammino di ricomposizione dell’unità: il Figlio di Dio entra nell’oscurità del mondo, nel buio delle nostre rovine interiori ed esteriori per rifare l’unità tra Dio e l’uomo, per rifare l’unità all’interno di ogni uomo e donna, all’interno del consorzio umano, ricucendo le nostre divisioni e mettendo fine alle lotte e alle guerre» (Omelia di Natale, 2000).
«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce» (Is 9,1), siamo noi. È l’annunzio di Dio che risuona ora per noi. Apriamo gli occhi in questo Natale, alziamo lo sguardo ad altezza di Dio e ad altezza d’uomo. E diciamo grazie. Sentiamoci parte del “popolo eucaristico”. Diciamo grazie a Dio e diciamoci grazie vicendevolmente per tutto l’amore che siamo stati capaci di esprimere, per ogni gesto e scelta fatta per amore, per ogni sguardo donato, per ogni mano tesa, per ogni distanza accorciata, per ogni parola disarmata, per ogni perdono donato e accolto.
In questo Santo Natale desidero dire grazie – anche a nome di tutte e di tutti voi, sono il vostro vescovo, “voce” di Cristo Sposo e della Chiesa Sposa che è in Palermo – per l’abbraccio dei genitori di Sara Campanella, di Roberta Siragusa, di Paolo Taormina segnati dall’atroce e ingiusta morte dei loro figli; di Alaa Faraj, il giovane amico libico musulmano, testimone di fiducia nella giustizia e nelle Istituzioni democratiche, di non violenza, nonostante sia detenuto già da dieci anni all’Ucciardone; di Vincenzo e Rosaria, i miei cari amici poveri di ‘sotto casa’; dei meravigliosi bambini multietnici di Casa Áncora che con fresca spontaneità mi chiamano “Don Vescovo”; per l’abbraccio di tutti quelli che per strada mi hanno donato un sorriso, un “ti voglio bene” e una benedizione.
Grazie ai giovani che si sono indignati e che hanno manifestato pacificamente per l’assurda violenza omicida e distruttiva che si è scatenata in Terra Santa; grazie per l’abbraccio di Maoz Inon e Aziz Abu Sarah, l’israeliano e il palestinese, uniti nel dolore dalla violenza omicida, diventati testimoni e missionari di pace anche qui a Palermo. Per gli abbracci ricevuti allo Zen e a Borgo Nuovo, nelle Scuole dello Sperone e per le vie di Brancaccio e di Ballarò. Per gli abbracci di quanti hanno salvato uomini, donne e bambini in balia delle onde del Mediterraneo; delle mamme che hanno sperato contro ogni speranza per avere un figlio tra le braccia e di quelle che hanno custodito la vita esplosa nel loro grembo.
Per gli abbracci di Vincenzo Zavatteri, impegnato a raggiungere i giovani devastati dal crack; delle detenute e dei detenuti delle Case di reclusione che ho incontrato in questi giorni. Per ogni grazie arrivatomi nelle corsie dei nostri ospedali, delle Case di accoglienza per anziani, per persone con disabilità o con dipendenze. Per gli abbracci ricevuti da tanti cuori affranti dal dolore per le dure prove della vita. Grazie per ogni stretta di mano scambiata con quei Servitori delle Istituzioni civili e militari che hanno contribuito con rettitudine e coerente dedizione a trasfigurare in bellezza il volto delle nostre città. Per ogni sguardo di pace che ci siamo scambiati con gli uomini e le donne delle altre Confessioni cristiane e delle altre Fedi, e con gli uomini e le donne di buona volontà.
Grazie a tutti quelli che hanno annunziato l’amore di Dio per gli uomini e le donne del territorio della nostra Arcidiocesi e lo hanno testimoniato donando gratuitamente e con passione se stessi – penso particolarmente ai miei fratelli Presbiteri e Diaconi, ai Consacrati, alle Consacrate – nelle nostre Parrocchie, nelle nostre Comunità religiose, nelle nostre Aggregazioni laicali –, attraverso le tante ‘diaconie pastorali’: dall’animazione della preghiera liturgica e della carità, all’annuncio del Vangelo e all’iniziazione cristiana; nel quotidiano delle nostre famiglie e nell’esercizio della professione, nel tempo libero e nell’impegno della costruzione della Città – della Casa comune che ci ospita – con lo sguardo dal basso, per una convivenza giusta, solidale e fraterna.
Concludo facendo mia la preghiera di S. Giovanni Paolo II: «“Aiutaci, Maria, a godere del Mistero del Natale, a contemplare e ad adorare con te il Bambino Gesù per amarlo come tu lo hai amato e seguirlo come tu lo hai seguito”. Sarà così davvero un buon Natale per tutti. Lo auguriamo in particolare a quei Paesi che sono stati i primi testimoni del Natale: Betlemme, Gerusalemme, il Medio Oriente. Preghiamo per la pace in quelle terre e per la pace in tutte le nazioni, per la pace in mezzo a noi. Che il Signore si manifesti a ciascuno di noi in questa santa notte!» (Notte di Natale 1999), in questo santo giorno. Amen.
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