Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria

Discorso a Piazza S. Domenico

dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice

8 dicembre 2025

Sessant’anni fa – l’8 dicembre – si chiudeva il Concilio Vaticano II, l’evento religioso più significativo del XX secolo. I Padri conciliari sapientemente scelsero di trattare la figura della Santa Madre di Dio non in un documento a parte ma all’interno della costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium. Nell’ultimo capitolo, l’VIII: La Beata Maria Vergine Madre di Dio nel Mistero di Cristo e della Chiesa, Maria viene proposta come icona del cristiano e della Chiesa.

Oggi nella solennità dell’Immacolata Concezione della B. V. Maria, siamo chiamati anche noi a dare a Dio la nostra totale risposta di fede e di amore. E per questo facciamo nostre le intramontabili parole di S. Bernardo che, nell’effluvio poetico, osano sollecitare la pronta risposta di Maria all’annuncio dell’angelo. Le sentiamo rivolte e a noi personalmente e alla nostra Chiesa palermitana: «Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all’assenso, il grembo al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti batte fuori alla porta. Non sia, che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso. “Eccomi”, dice, “sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38)» (Omelie sulla Madonna, Omelia 4, 8-9).

L’Immacolata concezione della B. V. Maria ci ricorda che la fede cristiana è una chiamata alla gioia: «Rallegrati (kàire), piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Il saluto dell’angelo a Maria è un appello alla gioia: “Rallegrati”. Una gioia che avrà il volto e il nome di suo figlio Gesù, nome che significa: “il Signore salva”. Una gioia che Maria non si è data da sé, ma a cui ha fatto spazio, da donna di fede qual era. Il suo diventa un grembo di fede, uno spazio fecondo, un sacrario inviolabile per far crescere la gioia di questa salvezza. Lei è l’Immacolata che accoglie e dona l’Emmanuele, il Salvatore. “Immacolata” vuol dire semplicemente e concretamente «piena di grazia». È la meravigliosa e attrattiva “semplicità” a cui tende tutta la creazione intera, a cui aspira ogni uomo e ogni donna. Essere raggiunti da Dio: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1,35). Accoglierlo. Essere fecondati dalla grazia. Perché non prevalga il peccato e la sua tristezza. Per essere liberi e non schiavi. Liberi dal potere del peccato. Così da evitarne anche le conseguenze nella vita di altri. Il peccato anche quello consumato nel totale nascondimento ha sempre una ricaduta sugli altri. Genera sofferenza, reazione, pesi, ferite. Frantuma le relazioni.

La grazia può tutto – l’irruzione della «potenza (dýnamis) dell’Altissimo», la sua presenza in una esistenza umana –, può ridonarci la libertà dei figli, renderci nuove creature. Libera dallo strapotere del peccato, dalla seduzione e dall’inganno che mette in atto, ieri come oggi: «Il serpente mi ha ingannata» (Gn 3,13): diventare come Dio, voler essere noi Dio (cfr Gn3,5), ma, in fin dei conti, per finire schiavi degli idoli, dei tre menzogneri idoli di ogni tempo – e specialmente di quello odierni –: successo, soldi, sesso sfrenato.

Oggi abbiamo perso la consapevolezza e il senso del peccato. Non lo ‘ri-conosciamo’ più, ma ne vediamo le tremende e perniciose conseguenze nella vita personale, familiare e civile. Nelle relazioni: con noi stessi, con gli altri, con l’ambiente. L’uomo è capace di peccato, è incline a tradire la sua libertà, la sua meravigliosa chiamata ad essere creatura amata dal Creatore, ad essere figlio di Dio-amore amante degli uomini; ad essere fratello degli uomini e delle donne da amare. Il peccato è sempre tradimento della propria libertà e limitazione della libertà altrui.

Dio ci ama e ci rende capaci di amare. Dio non ci fa odiare. Non ci fa uccidere. Non ci fa rubare. Non ci fa bramare le cose degli altri. Ci libera dagli idoli, falsi e subdoli. La sua presenza ci rende creature libere dal potere del peccato, «secondo il disegno d’amore della sua volontà» (Ef 1,6). Il Figlio di Maria che è il Figlio di Dio fattosi uomo, come noi, nel suo grembo verginale, accolto nella nostra vita in forza della adesione di fede a lui, disinnesca il potere del peccato: perché egli «è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso» (Eb 9,26), egli è «colui che toglie (airòn: porta) il peccato del mondo» (Gv 1,29). In 1Pt si legge: «egli portò nel suo corpo i nostri peccati» (1Pt 2,24).

Se è lui solo l’unico vero Dio della nostra vita, non saremo più schiavi di nessuno, né del nostro egoismo – dell’amore narcisistico di noi stessi che ci fa considerare gli altri concorrenti o scarti –, né, soprattutto, schiavi degli idoli di questo mondo che ci inducono all’anoressia spirituale e ci costringono alla bulimia del non senso e dell’attimo fuggente.

Maria, per privilegio esclusivo divino, in vista dell’Incarnazione del Figlio di Dio nel suo grembo verginale, è stata preservata dalla innata inclinazione di noi umani al peccato, ma ha dovuto anche lei essere fedele alla sua libertà. Il privilegio non l’ha esentata dal rischio di tradire la libertà. Ma è stata capace di corrispondere al dono della grazia.

Nondimeno, per chi come lei, come la giovane Donna di Nazareth accoglie il Figlio di Dio nella propria vita e mette in pratica la sua Parola ogni giorno, la stessa grazia che ha agito mirabilmente in Maria agirà in lui. Ci libererà dal potere distruttivo e disgregante del peccato. Non dimenticheremo di essere creature, eviteremo di sostituirci a Dio. Custodiremo una coscienza vigile e retta. Vinceremo la tentazione dell’idolatria e tutte le forme di egoismo. Ameremo Dio rispettando e amando ogni persona umana. Custodiremo le nostre città e la Casa comune, la Terra, come un giardino dove incontrarci nella pace. Non vi saranno più continenti poveri e periferie urbane ed esistenziali. Rinnegheremo e staneremo gli idoli che ci vengono proposti da chi ci vuole ‘atei ma idolatri’, senza Dio ma schiavi degli idoli che ci vengono propinati dalla ‘cultura del nulla’ animata subdolamente dai potentati economici che riconoscono e praticano solamente la legge del profitto.

Vinceremo l’indifferenza, il tornaconto personale, la corruzione, le connivenze con le strutture di peccato – cosa sono le organizzazioni mafiose o le multinazionali con il loro predominio economico? –, [vinceremo] ogni forma di violenza, soprattutto sulle donne, l’incuria diffusa della città e dei luoghi pubblici, ogni forma di discriminazione e di emarginazione. Avremo lavoro e case per tutti, famiglie dove si accoglie e si rispetta la vita in ogni sua fase per superare il dramma della denatalità e la perdita della ‘grammatica umana e sociale’; avremo adulti ed educatori credibili che introducono al senso della vita trasmettendo il valore della cultura, della giustizia, della legalità, della solidarietà e della pace; avremo organismi della politica e istituzioni civili dedite esclusivamente al benessere di tutti, a partire dai più fragili, creativi e lungimiranti nel far di tutto perché nessuno per mancanza di lavoro sia costretto ad emigrare; avremo comunità cristiane credibili nell’annunzio e nella testimonianza del Vangelo, capaci di contribuire alla crescita della città degli uomini, forti della certezza dell’avvento dei cieli nuovi e della terra nuova.

Semineremo speranza ovunque. Tra i giovani e gli anziani. Tra i bambini e gli adulti. Nelle case, nelle strade, nelle scuole, negli ospedali e nelle carceri, nei luoghi di lavoro e del tempo libero, negli spazi di ritrovo dei giovani. Tra le persone disabili e gli ammalati. Accoglieremo come vera ricchezza chi è diverso per provenienza geografica, culturale e religiosa. Perché nessun giovane o anziano, persona fragile o indigente si sentano inutili o abbandonati e pensino di farla finita.

Apriamoci a Dio, è questo anche un tempo liturgico – l’Avvento – per “ri-volgerci” a Dio, per accogliere il Figlio di Dio fattosi carne nel grembo immacolato di Maria l’Immacolata, Colui che è venuto, viene, e verrà. Attraverso le parole del Profeta Isaia, Maria santissima, nostra Madre celeste, ci dice: «Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona» (Is 55,6,7). Solo Dio ci libera dal peccato e dalle sue conseguenze. L’unico che ci dona perdono e riconciliazione. L’unico che ci può ridare una coscienza desta e illuminata nel percorrere le vie del bene. Perché il male non prevalga. Perché non si spegni in noi l’amore per Dio e per gli uomini. Sia questo il Natale per noi tutti.

Maria è donna. A voi donne dedico queste parole di Padre Giovanni Vannucci: «A tutti i frammenti, a tutti gli atomi di Maria sparsi nel mondo che hanno nome donna, rivolgiamo noi oggi la salutazione dell’angelo: Ave, o donna, che tu sia piena di grazia, che il Signore sia con te, luce del tuo volto, fremito del tuo grembo, forza del tuo cuore nelle tue lotte. A tutti i frammenti, a tutti gli atomi di Maria sparsi nel mondo che hanno nome donna, rivolgiamo oggi il saluto di Elisabetta: Tu, donna, sei benedetta, e benedetto e benefico agli umani è il frutto del tuo seno. Che tu possa pacificare la terra, cancellare Caino, far risorgere Abele, rivestire di luce il piccolo cuore d’ombra di ciascuno, ricondurre tutta la terra al Padre».