Non parlano mai davvero da soli. Maoz Inon e Aziz Abu Sarah si alternano, uno dopo l’altro, come in uno spartito condiviso. Le frasi si inseguono, si completano, si appoggiano l’una all’altra, fino a sembrare un unico brano suonato all’unisono. Anche i gesti raccontano la stessa storia: le mani che si toccano, l’abbraccio che arriva naturale, senza bisogno di essere spiegato.
Succede allo Steri, nel cuore istituzionale dell’Università degli Studi di Palermo, un luogo che l’attivista israeliano Maoz e il collega palestinese Aziz hanno riempito con un’intensa testimonianza di dialogo e riconciliazione nel mezzo di uno dei conflitti più drammatici della storia moderna. All’indomani dall’aver ricevuto a Palermo, il premio Padre Pino Puglisi, hanno scelto di essere presenti all’Università per moltiplicare il loro messaggio di pace.
I loro racconti nascono dal dolore più lacerante. Maoz ha perso entrambi i genitori bruciati vivi durante l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Aziz ha perso il fratello, morto in carcere dopo essere stato picchiato da soldati israeliani. Potrebbero parlare di odio, di muri invalicabili, di ferite insanabili. Invece, parlano di perdono.
«La pace è possibile», dice Maoz. Non come uno slogan, ma come una constatazione maturata nel dolore. «Ogni conflitto nella storia è finito. La domanda è quando e dopo quante vite». Aziz prosegue: «La guerra non è un disastro naturale. È una costruzione umana. E solo gli esseri umani possono smontarla».
Le parole non cercano applausi, cercano ascolto. «Se guardiamo solo il peggio dell’umanità, possiamo solo piangere», dice Aziz. «Ma c’è anche il bene. Tutti hanno la pace nel cuore. Serve il coraggio di agire».
Il rettore dell’Università degli Studi di Palermo, Massimo Midiri accoglie l’incontro come un atto di responsabilità culturale prima ancora che accademica: le università, ricorda, sono luoghi in cui si impara il dialogo, il rispetto della dignità umana, la possibilità di pensare insieme anche quando il mondo sembra dividersi.
Il presidente di ICCAR (Coalizione Internazionale delle Città Inclusive e Sostenibili) UNESCO, Benedetto Zacchiroli, allarga lo sguardo alla storia: la riconciliazione come gesto possibile, da Norimberga al Sudafrica di Mandela e Tutu. Non come rimozione del dolore o giudizio post-bellico, ma come scelta di stare insieme nonostante tutto.
C’è un momento, durante l’incontro, in cui Maoz racconta la telefonata ricevuta da Aziz nel giorno più buio della sua vita. «dopo l’uccisione dei miei genitori il mio corpo era in mille pezzi», dice. «Aziz mi ha cercato. Mi ha sostenuto. Gli devo la vita».
Il perdono non cancella il dolore, ma lo attraversa. «Scegliere il perdono significa scegliere la libertà», aggiunge Maoz. «Significa scegliere il proprio destino».
Durante l’incontro, a cui hanno preso parte anche il dirigente dell’Area Didattica di Ateneo, Antonino Mazzarella, e la responsabile dell’Ufficio di Gabinetto del Rettore, Silvia Cossentino, con il supporto dell’interprete Laura Victoria Carter il dolore è stato trasformato in impegno e la memoria in responsabilità collettiva, ribadendo il ruolo dell’Università come spazio di dialogo e di coscienza critica e la speranza non come concetto astratto, ma come pratica quotidiana da costruire insieme.
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