Distinguere un diamante naturale da uno creato in laboratorio, anche quando l’occhio più esperto può essere ingannato. Ricostruire l’identità di gemme incastonate in capolavori storici che hanno attraversato i secoli senza mai svelare tutti i loro segreti. Oggi, grazie alla ricerca accademica e a tecniche sempre più sofisticate, è possibile “leggere” la materia, disegnando l’impronta digitale di ogni pietra preziosa.
Da questa visione nasce il nuovo progetto congiunto tra l’Università degli Studi di Palermo e Assorafi Confcommercio Palermo, sancito da un accordo quadro quinquennale. L’obiettivo è ambizioso: unire il rigore della ricerca scientifica alle competenze del settore orafo siciliano per dare vita a una nuova frontiera della gemmologia investigativa, capace di tutelare l’autenticità delle creazioni artigianali e restituire voce a gioielli storici, spesso muti testimoni del passato.
“L’Università di Palermo – afferma Massimo Midiri, rettore dell’Università degli Studi di Palermo – ha il dovere e il privilegio di costruire ponti tra il sapere e il fare, tra la ricerca e le vocazioni produttive del territorio. Questo accordo rappresenta un esempio concreto di come la Terza Missione possa diventare un volano per l’innovazione, la tutela del patrimonio e la valorizzazione dell’identità culturale siciliana. Un aspetto rilevante è anche quello formativo: intendiamo infatti avviare un nuovo corso di laurea sull’artigianato, un progetto unico in Italia, che mira a formare figure altamente specializzate e a intercettare un bacino di iscritti anche da altre regioni del Paese”.
Il progetto prevede, per la prima volta, un’indagine scientifica sulla Corona di Costanza D’Aragona, uno dei manufatti più affascinanti e misteriosi dell’arte medievale siciliana. Tecniche non invasive ma altamente innovative potranno fornire dati sulla provenienza delle gemme, la composizione delle leghe e le modalità di realizzazione del manufatto. Queste analisi potrebbero: confermare o ridefinire la datazione dell’oggetto; individuare eventuali restauri o alterazioni successivi; chiarire l’origine delle gemme, rivelando rotte commerciali e scambi culturali dell’epoca.
“Studiare la corona di Costanza d’Aragona significa aprire uno squarcio documentato sul passato della nostra identità culturale – spiega Maria Concetta Di Natale, curatrice scientifica del Tesoro della Cattedrale di Palermo che assieme a Monsignor Filippo Sarullo si è mostrata entusiasta dell’iniziativa –. Questo oggetto non è solo un capolavoro dell’arte orafa medievale, ma anche un testimone di potere, fede e relazioni culturali. L’indagine scientifica potrà restituirgli parola, offrendo nuove chiavi di lettura”.
Il protocollo d’intesa siglato tra l’Università e Assorafi risponde ai cambiamenti che stanno trasformando il comparto orafo, tra cui la diffusione di gemme sintetiche e l’adozione di tecnologie produttive avanzate. La ricerca fornisce oggi strumenti affidabili non solo a tutela della filiera, ma anche per la valorizzazione del patrimonio storico, attraverso metodi di analisi non invasivi.
Tecniche come la spettroscopia Raman permettono di studiare gioielli e reperti archeologici senza rimuoverli o danneggiarli, rivelando l’origine delle gemme e i percorsi storici che le hanno condotte fino a noi. L’obiettivo è contribuire a una nuova narrazione scientifica del patrimonio artistico siciliano, restituendo identità e contesto a molti oggetti custoditi nei musei dell’Isola.
Il progetto mira anche a rilanciare la tradizione orafa siciliana, fondata su competenze artigianali, creatività e saperi storici. Palermo, crocevia di culture e capitale dell’arte orafa mediterranea, può riaffermarsi come centro d’eccellenza grazie al dialogo tra università, impresa e territorio.
Fondamentale sarà la costruzione di una rete territoriale che coinvolga musei, istituzioni pubbliche, associazioni culturali e stakeholder economici. L’Università di Palermo guiderà il progetto attraverso programmi di alta formazione e attività di ricerca applicata, nel segno del trasferimento di conoscenze e innovazione.
Il progetto prevede:
- protocolli di analisi gemmologica su collezioni museali;
- un database specialistico per l’identificazione delle gemme;
- servizi diagnostici a tariffa agevolata per la categoria orafo-gioielliera;
- percorsi formativi teorico-pratici per nuove figure professionali;
- un evento scientifico-museale dedicato alla storia del gioiello siciliano.
“Questo progetto – sottolinea Delia Chillura Martino, responsabile scientifica e direttrice dell’ATeN Center di UniPa – mette in rete competenze scientifiche, tecnologiche e culturali, offrendo strumenti innovativi al settore orafo e alla valorizzazione dei reperti storici. L’Ateneo rafforza così il proprio ruolo nel trasferimento di conoscenze e nell’innovazione territoriale”.
“Il percorso che ha portato a questa intesa è stato lungo e accurato – aggiunge Silvano Barraja, presidente di Assorafi –. Fin dal primo incontro, il rettore Midiri ha mostrato attenzione e visione. La sinergia con l’Università ci permetterà di affrontare le sfide dell’innovazione con strumenti adeguati e di promuovere l’identità profonda della nostra tradizione orafa”.
L’iniziativa ha accolto anche il plauso e la disponibilità alla collaborazione di Gaetano Cavalieri, presidente di The World Jewellery Confederation (CIBJO), che ha riconosciuto nel progetto un modello virtuoso di dialogo tra mondo accademico, impresa e tutela culturale, con rilevanza potenziale su scala internazionale.
Galleria di immagini