Basilica di S. Pietro Apostolo

Pellegrinaggio Giubilare Diocesano

Roma 19 luglio 2025

Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice

Carissime, Carissimi,

l’Evangelista Matteo annota che “[Gesù] si ritirò (ἀνεχώρησεν) di là. E lo seguirono (ἠκολούθησαν) molti” (Mt 12,15).

Ci siamo “ritirati” anche noi con Lui, siamo venuti in disparte con il Signore. Qui, presso la Cattedra di Pietro, di colui che ha confessato – ieri come oggi – fino al martirio, che Gesù è il Cristo, il Messia di Dio. Siamo Chiesa pellegrina che desidera stare in disparte con lui, che gli tiene dietro, che lo segue.

D’altra parte, non possiamo permetterci di essere Chiesa che non ha consuetudine di vita con il suo Signore, che non sta accovacciata ai suoi piedi ad ascoltarlo, che non pende dalle sue labbra. Abbiamo bisogno di stare alla sua presenza. Di essere nutriti da Lui con Pane sostanziale e Parola di vita. Chiesa dall’Eucaristia, dalla Parola, Chiesa riunita in comunione da lui e in lui. Chiesa dalla comunione Trinitaria.

Matteo, nella pagina evangelica appena proclamata, cita Is 42,1-4. Ciò che il Servo “annunzia alle genti”, a tutti, non solo al popolo d’Israele, è la salvezza. Il Messia Gesù, l’eletto e l’amato da Dio, Colui in cui il Padre ha posto il suo compiacimento, è la salvezza dell’umanità, e quindi la nostra speranza.

Siamo qui, come pellegrini di Speranza. Abbiamo urgente bisogno come Chiesa che è in Palermo, di confessare che Gesù è l’amato di Dio inviato a noi e che in lui “il suo amore è per sempre”, come abbiamo ripetuto nel ritornello del Salmo responsoriale. Matteo aveva già confermato che questo è il giudizio di salvezza del Servo-Messia Gesù: “Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” (8,17, dove cita espressamente Is 53,5, l’altro Canto del Servo).

Inoltre S. Matteo annota: “Ed egli li guarì tutti” (Mt 1215). Siamo venuti per attraversare la Porta Santa, con questa convinzione: che il Buon Pastore, Gesù, si addossa il nostro peccato e le nostre sofferenze, che ci porta sulle sue spalle come Pastore che dà la vita per le sue pecorelle e così ci riconduce all’unità dell’Amore.

Oggi, carissimi, carissimi, come Chiesa palermitana, siamo venuti pellegrini alla tomba e alla sede dell’Apostolo Pietro. Vogliamo riconfermare la nostra chiamata ad essere:

Chiesa pellegrina: verso il compimento del Regno, Chiesa che tiene desto il desiderio della venuta gloriosa del Signore. Che partecipa al travaglio della storia, nella continua invocazione dei Cieli nuovi e della Terra nuova.

Chiesa penitente: che ‘ri-accoglie’ l’amore di Dio riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, dono del Crocifisso Risorto, che ci ha amato mentre eravamo ancora peccatori (cfr Rm 5,5-6). Qui, alla tomba del Pescatore di Galilea, risuonano nitide le parole rivolte da Gesù a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?»” (Gv 21,15). L’Apostolo Pietro ci aiuti a rispondere come e con lui: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Siamo qui per ripetere insieme: “Ti vogliamo bene Signore”.

Chiesa segno di speranza: Siamo qui a nome di tutta la Chiesa di Palermo e di tutti gli uomini e le donne che con noi, nelle nostre Comunità e nelle nostre Città, conoscono il travaglio della vita, la polvere del cammino, l’attesa di felicità e pace. Siamo venuti perché vogliamo essere Chiesa di Cristo, Comunità messianica. Capace di avere i suoi stessi sentimenti: “Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo” (Gal 6,2). Solo se rimaniamo in Cristo, cresceremo come comunità fraterne messianiche. E’ su questo portare i pesi gli uni degli altri in Cristo che si fonda la vita fraterna, la comunione ecclesiale. E conseguentemente la testimonianza cristiana.

E così saremo Chiesa che semina speranza. Solo se l’amore di Dio è in noi contemplato, adorato, testimoniato. Se diventa carne della nostra carne. Solo se altri saranno raggiunti da questo amore presente in noi. Abbiamo urgente bisogno dell’amore di Dio. Questo nostro mondo che conosce il raffreddamento dei cuori. E come ci ricorda il Beato martire Padre Pino Puglisi: “Dio ama sempre tramite qualcuno”.

Una Chiesa consapevole di essere amata, contagia i segni dell’amore di Dio. Diventa pellegrina di speranza. Diffonde segni concreti di speranza e di rigenerazione della città, della “casa comune”. Oggi, tra l’altro, ci ritroviamo sulla tomba dell’Apostolo Pietro nel 33° anniversario della strage di Via d’Amelio. Paolo Borsellino: un uomo di fede e un figlio della Chiesa Palermitana, un nostro fratello in Cristo. Il suo profilo umano e di magistrato emerge ancor più nitido se mettiamo in risalto l’intenzionalità cristiana – l’intenzionalità ‘cristica’ – che lo guidava nell’esercizio della sua professione, spinto fino alla consapevole e libera determinazione del sacrificio della vita.

Il Giubileo ci aiuti a testimoniare una fede che anima la speranza perché capace di operare per mezzo della carità.