Festino di S. Rosalia
Eucaristia per la Casa Comunale
Auditorium dei Crociferi – 11 luglio 2025
Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice
Mentre saluto e ringrazio il Sindaco e l’Amministrazione per questo rinnovato invito a celebrare l’eucaristia per la Casa Comunale in occasione del Festino – il mio deferente saluto si estende a tutti i Servitori delle istituzioni civili e militari qui presenti – non posso non cogliere una felice coincidenza: oggi ci ritroviamo nella memoria liturgica di San Benedetto da Norcia che con la sua vita e la sua opera ha esercitato un influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea. Rosalia e Benedetto hanno tanto in comune.
La fonte più importante sulla vita di S. Benedetto è il II Libro dei Dialoghi di san Gregorio Magno, dove il santo e dotto Papa dimostra che Dio non è un’ipotesi lontana o una mera idea posta all’origine del mondo, ma è presenza nella vita dell’uomo e delle donne di ogni temp. Se consideriamo il contesto generale del tempo in cui S. Gregorio scrive i Dialoghi – dunque la vita di S. Benedetto –, il mondo, a cavallo tra il V e il VI secolo, era travolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni a causa del crollo dell’Impero Romano, dall’invasione dei nuovi popoli e dalla decadenza dei costumi. Presentando San Benedetto come «astro luminoso», Gregorio indicava la via d’uscita dalla «notte oscura della storia» (Giovanni Paolo II). Di fatto, grazie al fermento spirituale del monachesimo ispirato dalla Regola di Benedetto, nel corso dei secoli, mutò il volto dell’Europa stessa, suscitando una nuova feconda unità spirituale e culturale. Stringe il cuore nel vedere la deriva odierna dell’Europa
Anche lui, come Rosalia, nato in una famiglia benestante, nella Nursia intorno al 480, si formò negli studi a Roma. Ma, disgustato dallo stile di vita di molti suoi compagni che vivevano in modo dissoluto, lasciò la ‘città eterna’ per non rimanere irretito da quello stile di vita decadente, deviato e deviante. Voleva piacere a Dio solo («soli Deo placere desiderans»: (II Dialoghi, Prol. 1). Si ritirò a Subiaco, vivendo per tre anni da eremita, completamente solo, in una grotta, il “Sacro Speco”. Un esigente e fecondo tempo di maturazione umana e spirituale. Qui imparò a vincere le tentazioni, a tenere a bada l’io voraginoso, autoreferenziale, idolatrico, ottuso, predatore, vendicativo e violento. Così, essendo ormai in grado di controllare pienamente le pulsioni dell’io, poteva essere un facitore di pace intorno a sé, e far suo il bisogno dell’altro, degli altri. Ora era pronto a vivere con gli altri e per gli altri nella vita cenobitica. Su un monte posto in alto, il Monte Cassio. Come Monte Pellegrino, scelto dalla nostra amata Patrona S. Rosalia. «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 9,29), sono le parole che Gesù ha rivolto a Benedetto e a Rosalia, e continua a rivolgere a quanti lo seguono con cuore sincero. A quanti ne prendono il nome: cristiani.
Il monte, visibile da lontano, riveste un carattere simbolico: nascondimento, ma anche impegno, presenza per la Chiesa e per la Città, per la polis e per la comunità cristiana che in essa vive; fermento pubblico nella vita della società civile ed energia comunitaria nella vita della Chiesa. Sul monte, perché sia visibile la fede come forza di vita. Benedetto e Rosalia anche dopo la loro morte ci hanno lasciato un patrimonio che nei secoli continua a portare frutti di vita, di bene e di rigenerazione ecclesiale e sociale.
Ma il vacare Deo – l’essere totalmente liberi per Dio, consacrare del tempo a Dio – unitamente a (ora) et labora, cuore della spiritualità di Benedetto, come anche della spiritualità di Rosalia, non era una fuga dalla realtà, una interiorità spersonalizzante e deresponsabilizzante. Nell’inquietudine e nella confusione del loro tempo, vissero sotto lo sguardo di Dio facendo proprie le ansie e le attese, i bisogni sociali e culturali, del loro tempo. Anche del nostro. Se siamo qui a vivere il quattrocentounesimo Festino.
Dal Monte, Rosalia continua a scendere tra noi e per noi. E ci esorta ad essere anche noi totalmente liberi per Dio. Non si vive corresponsabilmente la cittadinanza e non si serve la Città come amministratori se non si ha il coraggio e la costanza del vacare Deo. Il Festino non è una fuga alienante. Ma una opportunità di “felice vacanza”, di memoria per noi, per rimanere nel solco rigenerante e rigeneratore tracciato da Rosalia. Opus Dei, opus civitatis.
La preghiera autentica si traduce sempre in azione prudente, in opere sapienti, ponderate, vagliate. «Ora et labora», il motto benedettino a tutti noto, descrive il monaco che sa di lavorare per Dio, ma sa anche che Dio lavora con lui e in lui. Che diventi il motto di ogni palermitano e palermitana, di ogni amministratore e amministratrice della cosa pubblica, della polis. Di questa Città.
È sempre più urgente accumulare un capitale spirituale come tesoro di una convivenza autenticamente umana, di una città: senza di esso tutti gli altri capitali vagano errando, esposti ad ogni pericolo, a ogni stoltezza, a ogni brama predatoria. Sono necessarie risorse spirituali per tenere insieme un tessuto sociale lacerato e nutrire una visione di futuro. Don Lorenzo Milani amava ripetere: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».
C’è bisogno di saggezza. Di audacia nella prudenza. Di discernimento tra ciò che è essenziale e ciò che è secondario. Come ci ha ricordato il libro dei proverbi: se ricercherai la sapienza «come l’argento e per averla scaverai come per i tesori, allora comprenderai il timore del Signore e troverai la conoscenza di Dio, perché il Signore dà la sapienza, dalla sua bocca escono scienza e prudenza» (Pr 2,4-6).
Oggi ci viene detto che per una rigenerazione culturale, sociale, morale, urbanistica della nostra Città – e ciascuno di noi sa di quanta rigenerazione ha bisogno questa amata Città – «sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale» (Benedetto XVI).
Sia il senso e il motivo principale di questo 401° Festino della nostra Santa Patrona. Ci guidi anche il patrono dell’Europa, S. Benedetto.