Dare nuova vita ai beni confiscati alle mafie non è più solo un obiettivo, ma un percorso operativo concreto. A Palermo, grazie alla firma dell’accordo quadro tra l’Università degli Studi di Palermo (UniPa) e l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), si inaugura una tappa significativa di questo percorso.
Si è tenuto allo Steri il primo incontro operativo per trasformare l’accordo in uno strumento concreto che possa contribuire alla valorizzazione e alla restituzione alla comunità dei beni sottratti alla criminalità organizzata.
La Sicilia, che da sola ospita oltre il 38 % dei beni immobili sequestrati e confiscati in Italia, diventa un banco di prova per una questione di valenza nazionale. Una sfida che richiede un approccio sinergico e multidisciplinare per superare i numerosi ostacoli che, ancora oggi, rallentano la piena applicazione degli strumenti del sequestro e della confisca.
“L’Università – ha dichiarato il rettore dell’Università degli Studi di Palermo, Massimo Midiri – deve essere non soltanto un presidio di legalità ma, soprattutto, un motore di trasformazione concreta. Questo accordo rappresenta una scelta strategica. Ricerca, competenze e formazione devono essere strumenti al servizio di un percorso di rigenerazione reale per restituire i beni confiscati e sequestrati ai cittadini, rafforzando il tessuto sociale dei nostri territori. Oggi iniziamo la fase operativa: un passo decisivo per contribuire a velocizzare i processi, migliorare la qualità degli interventi e garantire che questi beni diventino risorse per le comunità.”
Anche la direttrice dell’ANBSC, il prefetto Maria Rosaria Laganà, ha sottolineato “l’importanza dell’intesa, evidenziando come l’accordo quadro rappresenti un segnale forte dell’impegno istituzionale per attivare percorsi di rigenerazione che non siano solo teorici, ma che producano impatti reali sui territori. La collaborazione con l’Università – ha aggiunto - ci permetterà di integrare competenze accademiche e operative per accelerare i tempi di destinazione dei beni confiscati e promuovere progetti che favoriscano inclusione sociale, sostenibilità e sviluppo locale”.
L’accordo, i cui referenti sono per UniPa la professoressa Maria Luisa Germanà e per l’ANBSC il dottor Cosimo Antonica, apre la strada a una serie di attività, tra cui ricerche, progetti pilota, attività formative e studi avanzati sulla classificazione, gestione, rigenerazione e riuso dei beni confiscati. L’obiettivo è duplice: accelerare il processo di destinazione dei beni e formare nuove professionalità qualificate su un tema cruciale per lo sviluppo del Mezzogiorno e per la cultura della legalità. Durante l’incontro, diversi dipartimenti dell’ateneo hanno presentato iniziative già avviate e nuove proposte.
“È una sfida culturale – hanno concluso la professoressa Germanà e il dottor Antonica –. prima ancora che tecnica e amministrativa. Rigenerare i beni confiscati significa attribuire nuovi significati, costruire legami sociali, restituire luoghi alle comunità, trasformando simboli di illegalità in occasioni di crescita. È un percorso trasversale che coinvolge settori e professionalità diverse”.
L’accordo quadro, della durata quinquennale, permetterà di attivare programmi di ricerca, master, corsi di alta formazione e progetti integrati, con l’ambizione di contribuire a trasformare ciò che era simbolo di potere illegale in luoghi di innovazione, partecipazione e sviluppo civile.
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