Solennità di Santa Rosalia
Chiesa Cattedrale, 15 luglio 2025
Omelia Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice
Carissime, Carissimi,
siamo qui riuniti, in questa nostra Cattedrale, per innalzare la lode e il rendimento di grazie a Dio per Rosalia, «della nostra Chiesa voce chiarissima tra le Sante vergini» (Inno dei primi Vespri).
Rosalia non è solamente una grande donna del passato di questa nostra Città, di cui vantarsi, famosa anche oltre i confini dell’Italia, una figura storicamente e culturalmente interessante. Un personaggio da studiare o da rappresentare nei vari linguaggi dell’arte. Tutto questo, certamente, le si addice. Come donna è certamente la più importante di Palermo e per Palermo. Fondamentale. Necessaria direi. Colei che custodisce la Città – la Protettrice –, la raduna e la rappresenta da 401 anni a questa parte, nelle buone e nelle cattive circostanze che ha conosciuto e conosce, che si alternano o convivono in essa. Lo dimostra il Festino che anche quest’anno la Città, e non solo, le ha tributato.
Ma Rosalia – non possiamo sottacerlo, tanto meno dimenticarlo – è donna in Cristo – cristiana! –, nostra sorella nella fede – ora membro prediletto della Chiesa celeste – e nostra Santa Patrona. Se il 14 luglio l’intera città la acclama con il Festino, il 15 luglio, noi cristiani che abitiamo a Palermo e i pellegrini che vi sopraggiungono, la veneriamo come fulgida Sorella nella fede che ridesta e anima in noi la chiamata insita nella rigenerazione battesimale, nella crismazione e nella convivialità eucaristica, ossia nei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Ella ci chiede di riscoprire la nostra vocazione – di ogni cristiano – alla santità. Ci spinge a conoscere sempre più l’amore di Cristo riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm5,5) così da essere «ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,19) e divenire partecipi dei beni celesti.
Rosalia, mentre ci ricorda l’indole escatologica della Chiesa che cammina ancora nel tempo verso il compimento del Regno, ci assicura la nostra unione e lo «scambio dei beni spirituali» con la Chiesa celeste. Il Concilio Vaticano II nella Costituzione Lumen Gentium, sottolinea che «a causa infatti della loro più intima unione con Cristo, gli abitanti del cielo rinsaldano tutta la Chiesa nella santità, nobilitano il culto che essa rende a Dio qui in terra e in molteplici maniere contribuiscono ad una più ampia edificazione (cfr. 1 Cor 12,12-27)» (n. 49).
Rosalia è viva. È con noi. È in comunione con noi. Oggi ci chiede di rimanere saldi nella Parola di Dio che è risuonata in questa Assemblea eucaristica. Ci sprona a continuare a «piegare le ginocchia – unicamente – davanti al Padre» (Ef 3,14) e ad essere accorti per non farci allettare e illudere dai disvalori di questo tempo che ci vuole senza Dio ma idolatri, meri consumatori di beni materiali, dediti al profitto e al piacere smodato, bramosi di visibilità e di potere, incuranti del bisogno dell’altro, indifferenti, razzisti, aggressivi, belligeranti.
Rosalia, Donna di Dio, Sposa di Cristo, Sentinella del Divino Soffio, ci sostiene amabilmente e ci ammaestra nel rafforzarci «nell’uomo interiore mediante lo Spirito» (Ef 3,16), nell’«uomo nascosto nel cuore» (1Pt 3,14): il Cristo «nel quale viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28).
Rosalia ci sprona ad una fede operante, come la sua. Una fede che feconda di carità divina l’esistenza umana personale e comunitaria. Oltre la stessa morte. Il corpo di Rosalia custodito in questa chiesa Cattedrale ne è chiara testimonianza. Il suo corpo ritrovato passando per le strade della nostra Città, 401 anni fa è stato strumento dell’Amore salvifico di Dio, di Dio che – come ci ricorda l’Apostolo Giovanni – «è Amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1Gv 4,8-9). Nello «scambio dei beni spirituali», Rosalia ci sospinge a rimanere nel Signore per «essere radicati e fondati nella carità» (Ef 3,16), secondo la misura e i «sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5).
Rosalia, Vergine desta, ci aiuta ad essere Chiesa che attende, Chiesa saggia, intelligente, attenta a equipaggiarsi – come ha ricordato l’evangelista Matteo nel brano evangelico (25,1-13) – di una scorta sufficiente di fede, di speranza e di amore, così da non inardirsi e conformarsi all’insipienza del mondo, «alla mentalità di questo secolo» (Rm 12,2). Chiesa tenace nel custodire il desiderio di Dio, a rimanere nell’attesa del Signore Gesù, l’Amato che ama di «un amore più grande» (Gv 15,13), pronta a destarsi nel suo costante sopraggiungere nel tempo, negli eventi sociali ed ecclesiali di questo nostro «cambiamento d’epoca» (Papa Francesco), nei suoi segni sacramentali, nei poveri e negli scarti umani prodotti ad oltranza dall’economia del profitto illimitato, idolo pernicioso che ci schiavizza sempre più.
Chiesa che veglia per la venuta definitiva dell’Agnello immolato e vittorioso, protesa alla parusia di Colui che è morto, risorto e asceso al cielo: «L’amato mio! Eccolo, viene […] Ora, l’amato mio prende a dirmi: “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!» (Ct 2,8.10).
Chiesa di Dio che sei in Palermo, in cammino con la sicura compagnia della tua Santuzza, salda nella fede che opera per mezzo della carità, spera, veglia, attendi fiduciosa il ritorno del tuo Signore. Vieni Signore Gesù, nostro unico Salvatore. E donaci la tua Pace!